CRONACA DI UNA VISITA 1 Il 14 febbraio sono partito per il Mozambico. Il 18 febbraio ricorreva il settimo anniversario della morte di fra Prosperino Gallipoli da Montescaglioso, deceduto in Mozambico e sepolto nel cimitero di Lhanguene a Maputo. Andavo in Mozambico proprio per commemorare questo anniversario insieme a tutta la gente di Maputo e la chiesa del Mozambico che ancora lo ricorda come un grande missionario. Certamente tra i più grandi missionari del nostro tempo del Mozambico e non solo.
Prosperino era partito come missionario il 30.11.1958. ha vissuto in Mozambico fino al giorno della sua morte, il 18.02.2004.
La sua avventura missionaria può essere vista in tre fasi. La prima la si può definire come la fase del “classico missionario”: veste sempre l’abito cappuccino anche se molto adattato alla sua dinamicità. Abbiamo foto con l’abito bianco o marrone, più o meno lungo o corto, con o senza maniche e una corda qualunque per cingolo. In questa fase studia la lingua Chisena, parlata a Mopeia e a Morrumbala, (1958-1971) missioni in cui ha vissuto per circa 11 anni. Attento osservatore della cultura locale. Dedica il suo tempo alla catechesi, all’organizzazione della rete scolastica e arricchisce la sede della missione di opere di promozione sociale.
Nella missione di Morrumbala crea la prima scuola secondaria per ragazzi neri e bianchi, mette su una segheria ed una falegnameria e infine cura un buon allevamento di buoi. La seconda fase, quella di passaggio e di scoperta delle nuove dimensioni della teologia missionaria. Occupa circa 8 anni della sua vita (1971-1979). Anni vissuti a Quelimane come superiore regolare della missione. P. PROSPERINO IN BALALAICA E SANDALI Le foto di questo periodo lo ritraggono senza l’abito cappuccino, in “balalaica”, sandali ai piedi, capelli e barba arruffati, non suona più la fisarmonica. Accompagna e assorbe le nuove esperienze missionarie che bollono nella pentola di molte missioni, dove giovani missionari cappuccini pugliesi ricercano e imboccano le nuove vie della evangelizzazione. Nel 1974 chiama in missione i primi due missionari laici, Kathy Miller e Conrad Cozard ambedue americani.
Legge e studia i fermenti rinnovatori dell’evangelizzazione. Gli autori preferiti: Telhard de Chardin, Roger Garaudy, Ignazio Silone, Gustavo Gutierrez, Dom Hélder Câmara, Paulo Freire, Homero Ferrinho, Paolo 6°, i documenti del Concilio Vaticano 2°.
Vive dinamicamente la vivace vicenda storica della fine del colonialismo e della esuberante transizione politica. Comincia il suo impegno sociale politico e produttivo con la gente del quartiere Samugwe di Quelimane, il quartiere dove si trova situata la casa dei Cappuccini. E’ il tempo più dinamico e creativo della sua vita. Le foto del tempo lo ritraggono in t-short bianca, pantaloni e sandali d’estate e, d’inverno, con una doppia maglia di lana. Vive da solo in un appartamento.
Con lui inizia la presenza cappuccina in questa città. I frati cappuccini aprono la prima casa-convento a Maputo 5 anni dopo. In casa un’essenzialità totale, molto simile all’essenzialità di una famiglia povera del suo condominio.
Unico lusso la televisione. Ma nelle poche serate in cui l’unica sala della sua casa era libera da riunioni o cene di lavoro con i suoi collaboratori, tutto il condominio si riuniva in quell’unica sala per vedere un tele-romanzo a puntate o qualche altro programma televisivo. I suoi atteggiamenti sono forti, audaci e dinamici, lo sguardo profondo. Evangelizzazione e promozione umana, così potrebbe essere sintetizzato il suo programma. Il contesto politico non gli permette di vivere in perfetto equilibrio le due dimensioni della presenza cristiana. Forse anche lui stesso, costretto dalla situazione politica, spinge di più sulla promozione umana. Pro aveva bisogno di grandi “avversari” (partito, stato, chiesa, Ong, istituzioni… ma anche persone che in qualche modo potessero intralciare il suo progetto), forse ancora meglio, aveva bisogno di crearsi grandi avversari per fare sprigionare tutta la sua creatività, operosità, progettualità, inventiva.
Ma la sua fede e la sua identità di uomo di fede non è stata mai negoziabile. Era la vera sorgente che dava colore e senso alla sua attività e ai carismi della sua personalità. Fu e rimase uomo di fede, sacerdote, frate cappuccino, missionario, testimone! Alla fine della sua vita ripensando alla sua attività sociale e al suo impegno cristiano di evangelizzatore, sintetizza così le sue scelte: <<60 anni di fede in Dio mi ha portato a tutto questo!>>
Il 16 luglio 2003, pochi mesi prima della sua morte, giunse per P. Prosperino, un alto riconoscimento da parte del presidente della repubblica italiana, Carlo Azelio Ciampi, che lo insignì della Croce di Commendatore dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana.
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